Ammissione alla semilibertà

In materia di ammissione alla semilibertà, ex art. 50 ord. penit., in assenza di attività di collaborazione con la giustizia ai sensi dell’art. 58-ter ord. penit.; considerato l’art. 4-bis, commi 1 e 1-bis, della medesima Legge 354/75 (Divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti); nonché, visto il Decreto-Legge 162/22 (Misure in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia), così come convertito che ha previsto all’art. 1, co. 1, lett. a), n. 2), l’integrale sostituzione del comma 1-bis dell’art. 4-bis ord. penit., e l’aggiunta di tre nuovi commi (1-bis.1, 1-bis.1.1., 1-bis.2); i giudici della Consulta – ribadendo che «la nuova disciplina trasforma da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità ostativa alla concessione dei benefici e delle misure alternative in favore dei detenuti non collaboranti, che vengono ora ammessi alla possibilità di farne istanza, sebbene in presenza di stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo» –, con la decisione in esame, hanno ulteriormente sottolineato che «quanto ai detenuti e agli internati per delitti di contesto mafioso e, in generale, di tipo associativo, i benefici possono essere loro concessi purché dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di tale adempimento», allegando «elementi specifici – diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza – che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile, nonché, ancora, della sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie, sia in quelle della giustizia riparativa; che ai detenuti per i restanti reati indicati dal comma 1 dell’art. 4-bis ordin. penit. si richiede il rispetto delle medesime condizioni, depurate, tuttavia, da indicazioni non coerenti con la natura dei reati che vengono in rilievo, sicché la richiesta allegazione deve avere ad oggetto elementi idonei ad escludere l’attualità dei collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, con il contesto nel quale il reato è stato commesso (non anche il pericolo di ripristino dei collegamenti con tale contesto)» (Corte costituzionale, Ordinanza 18/2024).