Con l’art. 10-bis del Decreto Legge 4 luglio 2024, n. 92 (Misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia), convertito con modificazioni dalla Legge 8 agosto 2024, n. 112, si è introdotto il nuovo comma 2-bis all’interno dell’art.47 della Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’Ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), che di fatto amplia la possibilità per il condannato di accedere all’affidamento in prova ai servizi sociali, appunto quale misura alternativa alla detenzione ordinaria o della semilibertà sostitutiva o della detenzione domiciliare sostitutiva, in funzione di quel percorso e principio rieducativo della pena basato sul graduale reinserimento sociale del condannato stesso, così come stabilito nella seconda parte del terzo comma dell’art. 27 della Costituzione. Sicché, il legislatore, con la novella richiamata qui in introduzione – ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre disposizioni in materia di ordinamento penitenziario per una razionalizzazione di alcuni benefici applicabili ai detenuti per la semplificazione dell’accesso agli stessi, nonché alla straordinaria necessità ed urgenza di introdurre disposizioni per l’efficienza del procedimento penale, tentando così di ridurre il cosiddetto problema del sovraffollamento carcerario –, ha statuito che “il condannato, qualora non sia in grado di offrire valide occasioni di reinserimento esterno tramite attività di lavoro, autonomo o dipendente, può essere ammesso, in sostituzione, a un idoneo servizio di volontariato oppure ad attività di pubblica utilità, senza remunerazione (…), in quanto compatibili, nell’ambito di piani di attività predisposti entro il 31 gennaio di ogni anno, di concerto tra gli enti interessati, le direzioni penitenziarie e gli uffici per l’esecuzione penale esterna e comunicati al presidente del Tribunale di sorveglianza territorialmente competente”. Brevemente, il reperimento di un’attività lavorativa da parte dell’interessato finalizzata a richiedere la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, non è necessariamente un requisito tassativo. Del resto, anche la costante giurisprudenza di legittimità degli ultimi anni ha ribadito il principio che in tema di misure alternative alla detenzione deve ritenersi che la presenza di un’attività lavorativa certamente costituisce un mezzo di reinserimento sociale, ma tale circostanza, da sola e se mancante, non costituisce comunque condizione ostativa alla concessione della misura sostitutiva, «tale carenza, infatti, può eventualmente essere surrogata dallo svolgimento di attività socialmente utili, anche di tipo volontaristico» (cfr. Cass. Pen., giugno-settembre 2023).